Introduzione all’hBIM: Normativa e Potenziale
Dal 2025 il BIM sarà obbligatorio anche per progetti di restauro
La legislazione nazionale in materia circola ormai da diverso tempo. Dal D.M. 560/2017 a oggi, pur con lievi modifiche e inevitabili dilazioni, la sua impostazione originaria è rimasta sostanzialmente invariata. Nel 2025 scatterà l’obbligo del BIM per tutte le opere pubbliche sopra il milione di euro.
Una soglia per lo più simbolica, se consideriamo la natura piuttosto rilevante degli interventi che andrà a regolamentare. Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023) ha avuto il grande merito di ampliare ulteriormente la portata di questo storico spartiacque: l’obbligatorietà dovrà subentrare anche per gli interventi su costruzioni esistenti. Un dettaglio altrettanto rilevante, benché meno conosciuto, si trova alla fine del primo Comma dell’Art. 43, dove si stabilisce che la disposizione precedente si dovrà applicare anche per le comuni attività di manutenzione ordinaria e straordinaria laddove riguardino opere precedentemente eseguite con l’uso dei suddetti metodi e strumenti di gestione informativa digitale.
Queste specifiche comportano almeno due implicazioni che vale la pena approfondire:
- Sfatando un mito del settore, il BIM non rappresenta più uno strumento esclusivamente destinato agli interventi di nuova costruzione: secondo il Legislatore, questa tecnologia offre importanti benefici generali a qualsiasi disciplina e tipologia di attività progettuale, inclusi gli interventi di recupero del patrimonio esistente;
- Nel medio e lungo periodo, è evidente come la direzione normativa sia marcatamente orientata verso una digitalizzazione massiva del territorio costruito. Nel momento in cui la maggior parte delle opere, sia nuove che ristrutturate, sarà dotata di un proprio modello informativo, sarà richiesto di integrarne lo sviluppo digitale a qualsiasi tipo di intervento, persino nei casi più modesti che paradossalmente non sono interessati da permessi o autorizzazioni specifiche.
Un lettore attento e consapevole avrà sicuramente colto l’intento normativo di presentare il BIM non semplicemente come uno strumento tecnologico per ottimizzare le attività di progettazione, ma piuttosto come uno strumento gestionale di digital governance del territorio costruito. In quest’ottica, ogni opera realizzata oggi diventerà patrimonio per il futuro, proprio come quelle costruite in passato. Queste opere dovranno rispondere alle stesse esigenze di gestione informativa, per agevolare chi, nel futuro, sarà incaricato della loro amministrazione e trasformazione.
L’obbligo dell’hBIM è una grande opportunità
È evidente che il nuovo Codice dei Contratti Pubblici ha introdotto dal 2025 anche l’obbligatorietà per l’hBIM. Questo segmento del processo informativo si occupa della digitalizzazione del patrimonio (Heritage BIM), in particolare di quello rilevante a livello culturale (Historical BIM).
Non è casuale sottolineare questa distinzione nel contesto nazionale italiano. La vera sfida per lo sviluppo architettonico e infrastrutturale del nostro Paese risiede – e si prevede continuerà a risiedere almeno per il prossimo secolo – nel recupero, ristrutturazione, conservazione e ri-funzionalizzazione del vasto patrimonio pubblico esistente. Questi aspetti sono prioritari rispetto alle (comunque necessarie e inevitabili) nuove edificazioni. L’hBIM rappresenta uno spartiacque obbligato dal quale noi progettisti dobbiamo transitare e che il Legislatore ha dovuto includere nei vincoli normativi.
In altre parole, solo quando il BIM riuscirà a integrarsi pienamente con il tessuto edilizio esistente, le tecnologie e i processi di gestione informativa potranno davvero radicarsi nel nostro Paese con quella diffusione capillare e trasversale che tutti auspichiamo per una vera e propria rivoluzione digitale.
Un patrimonio da valorizzare
Sarebbe limitante parlare solo di BIM in un contesto come quello europeo e italiano in particolare. In questi contesti, una parte significativa dell’attività edilizia (pubblica e privata) deve quotidianamente misurarsi con un patrimonio costruito che è spesso di rilevanza storica, quindi soggetto a vincoli, e di inestimabile valore artistico e culturale.
Questo immenso patrimonio, in un certo momento imprecisato della storia, inizia a diventare una risorsa territoriale di interesse collettivo. L’obiettivo comune è declinare il processo informativo per digitalizzare l’intero contesto edilizio, non limitandosi certamente agli ultimi cinquant’anni di costruito. In questo scenario, il Legislatore è recentemente intervenuto con il discusso Superbonus. Anche se volessimo restringere la definizione di Heritage ai soli edifici vincolabili, fino ai primi del 1900, i dati Istat ci mostrano comunque un patrimonio edilizio di straordinaria rilevanza, sia per quantità che per qualità e diffusione sul territorio nazionale. Gran parte di questo patrimonio, essendo di proprietà pubblica o demaniale, giustifica pienamente la necessità di una normativa così precisa e stringente.
Qualunque interpretazione vogliamo dargli, persino nella sua definizione più restrittiva, l’hBIM è destinato a diventare un elemento portante dell’evoluzione del settore edilizio nei prossimi decenni, rappresentando una delle opportunità di mercato più interessanti nel mondo dell’information modeling nel nostro Paese. Certamente non sarà un segmento di nicchia, come potrebbe forse sembrare da un primo sguardo superficiale.
Come risponde l’hBIM alle sfide degli interventi sul patrimonio storico
Sappiamo bene che non è sempre tutto oro ciò che luccica. In ogni caso, potrebbe non essere sempre tutto così facilmente accessibile come avremmo sperato. Come spesso accade, grandi opportunità implicano grandi problematiche, come ne sono esempio le recenti vicissitudini del Superbonus.
L’ambizione di gestire con approccio parametrico gli interventi di efficientamento sul patrimonio esistente ha incontrato non poche difficoltà tra la maggior parte dei progettisti. Il Legislatore ha dunque stabilito con precisione gli obiettivi da raggiungere, concedendo tuttavia piena libertà riguardo ai metodi operativi da impiegare, anche in un contesto storico e normativo che vede il BIM in piena fase di espansione. L’irripetibile occasione di una mappatura digitale e massiva del territorio costruito si è trasformata, così, in un più semplice esercizio di cantierizzazione “analogica”. Questo ha portato la maggior parte dei professionisti, pur essendo già BIM Compliant, ad abbandonare temporaneamente l’approccio innovativo in favore di metodi più tradizionali e conservativi. Il primo tentativo di affrontare in modo sistematico a livello nazionale le sfide dell’information modeling applicato al patrimonio esistente ha, quindi, messo in luce una generale e strutturale inadeguatezza degli strumenti di BIM Authoring sul mercato per la gestione digitale di questa tipologia di interventi.
Queste carenze risultano ancora più eclatanti quando consideriamo il patrimonio storico. Come spesso accade, le soluzioni esistono, ma non sono così facilmente accessibili per la maggior parte dei progettisti, che giustamente desiderano affidare al software l’automatizzazione delle complessità operative. Come vedremo, più ci spingiamo al di fuori dell’ideale ambito di applicazione di uno strumento, tanto più sarà complesso ottenere risultati che rispettino le aspettative iniziali. D’altro canto, solo con una profonda comprensione di una tecnologia possiamo sfruttarne appieno le potenzialità e superarne i limiti in modo strategico e mirato. È innegabile che il BIM sia un processo idealmente efficace e risolutivo per qualsiasi tipologia progettuale, ma è altrettanto innegabile che tutte le piattaforme di Authoring siano nate con la finalità specifica di restituire l’architettura del nostro tempo e, in modo particolare, le nuove costruzioni o, al limite, le ricostruzioni per elementi macroscopici.
Ecco quindi che quello dell’Heritage sembra essere un ambito critico in termini di capacità tecnologica. Presenta obiettivi chiari e sovrapponibili al più comune processo BIM, ma richiede inevitabilmente di ripensare e riplasmare integralmente gli strumenti parametrici che vi conducono. La vera peculiarità della “H” (sia che si tratti di Heritage o Historical) non si limita a indicare una dimensione temporale della “B” (Building), ma trasforma radicalmente le dinamiche concettuali, operative e metodologiche della “I” (Information) e della “M” (Modeling), influenzando in maniera significativa sia gli aspetti geometrici sia quelli informativi delle rappresentazioni digitali. Vale la pena sottolineare che l’hBIM è l’unica disciplina del BIM che, per convenzione, ha ricevuto un effettivo arricchimento dell’acronimo originario.
Parliamo allora di BIM, senza fare distinzioni, per definire la modellizzazione informativa in ambito architettonico, impiantistico, strutturale e infrastrutturale. Al contrario, per designare un ambito operativo più mirato e circoscritto, ricorriamo al termine hBIM: questa specificazione aiuta a identificare un processo che si distingue profondamente dal tradizionale Building Information Modeling. È invece sostanzialmente identico, o sovrapponibile, all’interno delle comuni pratiche di sviluppo e federazione multidisciplinare nell’edilizia recente e di nuova costruzione.
Cosa rende diversa un’opera esistente da qualunque altro edificio contemporaneo? Tanto per cominciare, l’intero patrimonio morfologico e tipologico che lo compone. Il linguaggio architettonico, fino ai primi del Novecento, presenta un lessico e una sintassi diversi, che il modello informativo deve integrare e riprodurre fedelmente. Così come la storia stessa che si presenta, nella grande maggioranza dei casi, come autentica protagonista di edifici spesso sorprendentemente irrazionali, illogici e frastagliati. Il lento e inesorabile sedimentarsi del tempo, con innesti e interventi successivi, rappresenta il patrimonio storico nella forma di un articolato progetto edilizio che dovrà tradursi in un altro progetto digitale altrettanto articolato.
D’altra parte, come ben sappiamo, non c’è conservazione possibile senza conoscenza. Per poter essere predittivo, il nostro Digital Twin dovrà diventare anzitutto un potente strumento cognitivo, prima ancora che analitico e diagnostico.
Strumenti per iniziare al meglio con hBIM
Nei prossimi articoli di questa serie ci addentreremo nel vivo di questo mondo complesso e suggestivo, facendo particolare attenzione alla gestione geometrica e informativa nella digitalizzazione del patrimonio storico. Al contrario di quanto si possa pensare, l’hBIM non è una disciplina rivolta unicamente agli esperti. Affrontare insieme le sfide che l’hBIM ci propone rappresenta un’opportunità straordinaria per immergerci nella dinamiche di Archicad e comprenderne i principi fondativi e costruire processi nuovi che, altrimenti, non avresti mai sospettato possibili.
In sintesi, il mondo Heritage non appartiene esclusivamente agli specialisti del settore, ma offre a chiunque un’opportunità unica per diventarlo, grazie a un contesto normativo favorevole e a un mercato in rapida crescita. È forse proprio questo aspetto a renderlo così affascinante e stimolante, anche al di là delle implicazioni culturali ed economiche. Proprio in funzione della sua innegabile complessità, lo sviluppo informativo del patrimonio storico ci offre al contempo:
- Una preziosa cartina tornasole sullo stato di esperienza digitale dell’intero settore costruzioni nel nostro Paese;
- Un’eccellente palestra virtuale in cui affinare ed evolvere una competenza consapevole sulla digitalizzazione della nostra disciplina.
Non c’è BIM senza Heritage, non c’è Heritage senza crescita professionale.
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